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domenica 13 novembre 2011

Il Grande Golpe Globale - chi sono Mario Monti e Luca Papademos?

 Il Grande Golpe Globale - chi sono Mario Monti e Luca Papademos?


Tutto tranne democrazia

http://www.byoblu.com/post/2011/11/08/Il-Grande-Golpe.aspx
Lucas Papademos Mario Monti Gruppo Bilderberg Commissione Trilaterale Giulio Termonti Claudio Messora Byoblu Byoblu.Com

 Sta succedendo qualcosa. Qualcosa che va oltre la crisi economica: sembra più che altro una crisi di sovranità. E non è la questione di lana caprina che tanto sembra preoccupare i nostri editorialisti di punta, ovvero se sia giusto o meno farsi commissariare dalla UE e dall'FMI rinunciando così - formalmente e pro-tempore - al possesso delle nostre stesse chiavi di casa. E' qualcosa di più profondo, una trama nella trama che si può provare a spiegare in molti modi diversi, ma che non è prudente lasciare che si dipani mentre l'attenzione generale si concentra su alcuni personaggi e non su altri.

La cura dell'acqua contro la Bce

La battaglia per la riappropriazione dei beni comuni confligge con il patto di stabilità europeo. Per questo bisogna pensare a un suo superamento. La vittoria al referendum insegna che vincere è possibile C'entra la battaglia per la ripubblicizzazione dell'acqua con la crisi e con le politiche monetariste della Bce? Moltissimo e per diversi motivi.
Il primo ha a che fare con la risposta che governo e poteri forti hanno dato alla vittoria referendaria dello scorso giugno. Consapevoli di aver perso il consenso sociale, preoccupati dell'evidente erosione della catena culturale che per più di due decenni ha legato le persone all'idea del pensiero unico del mercato, governo e poteri forti hanno rilanciato una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, giustificandola con le risposte da dover dare all'Unione europea in merito alla riduzione del debito pubblico.

sabato 5 novembre 2011

La sfida al credito e l’inizio della rivoluzione

Questo che segue è un articolo uscito sul numero 1 della rivista Loop. L'autore viene considerato oggi (guarda prima pagina di Internazionale) uno dei principali sostenitori e teorizzatori del movimento americano che sta animando le città Usa.
http://www.looponline.info/index.php/home/651-la-sfida-al-credito-e-linizio-della-rivoluzione

Sembra di essere arrivati a un punto morto. Il capitalismo, così come lo abbiamo conosciuto, sta andando in pezzi. Ma, mentre le istituzioni finanziarie barcollano e cadono, non si vedono alternative evidenti. La resistenza organizzata sembra essere incoerente e frammentata, il movimento no global un’ombra di se stesso. C’è una buona ragione per ritenere che, nell’arco di una generazione o giù di lì, il capitalismo cesserà di esistere: semplicemente è impossibile mantenere un regime di crescita infinita in un pianeta finito. Di fronte a questa prospettiva, la reazione istintiva, anche dei “progressisti”, è, spesso, la paura, l’aggrapparsi al capitalismo perché semplicemente non si riesce a immaginare un’alternativa che non sia addirittura peggiore. La prima domanda che dobbiamo porci è la seguente: com’è potuto accadere?

ECCO CHI SOSTIENTE IL DEFAULT












Come si può sostenere la giusta battaglia per i beni comuni e contemporaneamente auspicare il fallimento dell’istituzione collettiva che dovrebbe gestirli e amministrarli?
Gli «indignati» – di qualsiasi età, ma soprattutto i giovani – hanno molte buone ragioni per esserlo. Tuttavia, anche le migliori ragioni trovano difficoltà ad affermarsi se sostenute in modo ambiguo e controproducente. Ad esempio, lo slogan «la vostra crisi non la paghiamo» non può essere confuso con la sua parodia «il debito non si paga» o con la sua più becera versione «chi se ne frega del default», il cui sapore avanguardista evoca la violenza prevaricatrice del «blocco nero».

Perché il discorso su “la Casta” è di destra

4 novembre 2011
Citiamo solo gli ultimi in ordine di tempo. Lo spot della Fiat che ammicca esplicitamente al rancore verso le auto blu. Il video di Enzo Jachetti (uno che prestando la sua faccia al vero telegiornale del ventennio berlusconiano, Striscia la notizia, ha molte responsabilità della situazione in cui ci troviamo) che manda tutti i politici a quel paese. Il monologo di Enzo Brignano a Le Iene che rimastica i peggiori luoghi comuni del qualunquismo di fine regime. Il conduttore superberlusconiano Aldo Forbice che a “Zapping”, su Radio1, si fa portavoce di una campagna contro “i costi della politica” e per la riduzione del numero dei parlamentari. Quest’ultima, del resto, è l’unica rivendicazione comprensibile in mezzo alla fuffa del format messo in piedi da Giorgio Gori (uomo di Canale 5 e del Grande fratello) a favore di Matteo Renzi. Dunque, non si tratta più di un rumore di fondo, ma del rischio concretissimo che la crisi economica e politica produca un movimento d’opinione addomesticato e privo di sbocchi positivi.

Il dogma dell’euro

Crisi del debito

3 novembre 2011 Die Presse Vienna
 Le reazioni alla proposta di referendum sul piano di salvataggio, poi ritirata dal governo greco, dimostrano che in Europa si è ormai affermato un pensiero unico che non tollera obiezioni. Ma l'ortodossia finisce sempre per accecare le ment
L'annuncio di un referendum in Grecia sul piano europeo di salvataggio ha sorpreso tutti e i commenti che ha suscitato permettono di capire meglio il pensiero dei responsabili dell'Unione. Le loro pratiche ricordano molto quelle dei gruppi religiosi. La comunità degli eurocrati (si rimprovera loro di costituire un Leviatano dei funzionari, ma è ingiusto perché non sono così numerosi) , persone ragionevoli che vivono a Bruxelles e che si considerano come "l'Europa", celebra una sorta di liturgia della Parola. I partecipanti si recitano reciprocamente delle preghiere che sono consegnate ai giornalisti per essere tramandate ai posteri.


Slavoj Zizek: L’illusione della democrazia

Fonte: L'INTERNAZIONALE

Le proteste a Wall street e di fronte alla cattedrale di St. Paul a Londra hanno in comune “la mancanza di obiettivi chiari, un carattere indefinito e soprattutto il rifiuto di riconoscere le istituzioni democratiche”, ha scritto Anne Applebaum sul Washington Post. “A differenza degli egiziani di piazza Tahrir, a cui i manifestanti di Londra e New York si richiamano apertamente, noi abbiamo istituzioni democratiche”. Se si riduce la rivolta di piazza Tahrir a una richiesta di democrazia di tipo occidentale, come fa Applebaum, diventa ridicolo paragonare le proteste di Wall street a quelle in Egitto: come possono i manifestanti occidentali pretendere ciò che già hanno? Quello che la giornalista sembra non vedere è un’insoddisfazione generale per il sistema capitalistico globale, che in luoghi diversi assume forme diverse.
“Eppure in un certo senso”, ammette Applebaum, “è comprensibile che a livello internazionale il movimento non sia riuscito a produrre proposte concrete: sia le origini della crisi economica globale sia le sue soluzioni sono, per definizione, al di fuori della sfera di competenza dei politici locali e nazionali”. Ed è costretta a concludere che “la globalizzazione ha chiaramente cominciato a minare la legittimità delle democrazie occidentali”. È proprio questo il punto su cui i manifestanti vogliono richiamare l’attenzione: il capitalismo globale mina la democrazia. La conclusione logica è che dovremmo cominciare a riflettere su come espandere la democrazia oltre la sua forma attuale – basata su stati-nazione multipartitici – evidentemente incapace di gestire le conseguenze distruttive dell’economia. Invece Applebaum accusa i manifestanti “di accelerare il declino” della democrazia.