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martedì 5 agosto 2014

Il meteo come moltiplicatore di forza: possedere il tempo nel 2025

martedì, 25 marzo 2014
da www.nogeoingegneria.com

“Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025″  è un importante studio del 1996 che rivela l’intento da parte delle forze armate degli USA di disporre entro il 2025 di “una capacità di modificazione del tempo globale, precisa, immediata, robusta, sistematica”. NoGeoingegneria.com l’ha tradotto in italiano per portarlo a conoscenza di un pubblico sempre più vasto.


La manipolazione del tempo atmosferico e della ionosfera per le forze armate statunitensi non sono certo una novità degli ultimi anni. D’altronde chi ha una minima conoscenza dell’ambiente militare sa che non esistono remore nell’impiego di tecnologie anche al loro stadio immaturo: la possibilità di sfruttare la tecnologia per conseguire il predominio sul campo di battaglia, siano i cieli o lo spazio, porta tali ambienti a sperimentare tutto quello che lascia intravedere un qualche vantaggio, spesso eludendo trattati internazionali e quant’altro, avendo, con tutta probabilità, alle spalle il consenso del mondo politico e degli affari che conta, mondi con i quali si creano forti interconnessioni con risvolti in termini economici e politici.
La variabile meteo è stata sempre al centro degli interessi militari diventando sempre più determinante allorché le forze aeree acquisivano maggior peso nelle operazioni belliche e nel monitoraggio degli spazi e dei cieli. Solo per fare un esempio, citato anche nello studio che vi andiamo a sottoporre, nell’ intervento Desert Storm in Iraq il 50% delle operazioni di bombardamento furono cancellate per problemi meteorologici. Capita inoltre che di frequente i target, gli obiettivi da colpire, vengano modificati ad operazioni in corso a causa delle avverse condizioni meteo su una determinata area.
In questo importante studio redatto nel 1996 da alcuni ufficiali dell’aeronautica degli Stati Uniti, spesso citato in diversi articoli sull’argomento (si veda per es. gen. Fabio Mini Owning the weather: la guerra ambientale globale è già cominciata in Limes n.06/2007) e ora tradotto in italiano da NoGeoingegneria.com, non si fa certo mistero di quali siano gli obiettivi delle modificazioni al meteo e quali enormi prospettive si aprano grazie all’impiego e allo sviluppo di nuove tecnologie collegate alle nanotecnologie, ai droni, alle onde elettromagnetiche.  La variabile tempo assume così una veste operativa nuova: gli eventi meteorologici non diventano solo un elemento da mitigare per consentire lo svolgimento delle operazioni militari (dissipazione di nubi, nebbia, temporali ecc.), ma assumono un ruolo attivo, divenendo un’arma determinante di attacco da impiegare tanto nello scontro militare quanto in operazioni di guerra psicologica, ma soprattutto in operazioni di guerra “non dichiarata”, dove non è chiaro se un evento sia un fatto naturale o artificialmente prodotto.

I poveri? S’arrangino

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di Monica Di Sisto
Sovranità alimentare e commercio internazionale non parlano la stessa lingua, e quando tenti di difendere la prima, devi per forza rinunciare a sparare cassette e derrate a casaccio per il mondo e ricominciare a parlare di regole vincolanti per tutti. E’ questa la conclusione prevedibile – almeno per chi scrive – che si deve trarre dall’ennesimo collasso annunciato dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il 31 luglio era la data fissata con gran frastuono nella Conferenza ministeriale di Bali del dicembre scorso, come momento in cui i 160 Paesi membri avrebbero dovuto fissare nuove regole per rendere il passaggio delle merci più fluido alle frontiere (chiudendo con un accordo finale il cosiddetto negoziato sulla Trade facilitation).
Se il commercio accelera per i grandi esportatori, però, è logico che si debbano prevedere misure più efficaci per salvaguardare i mercati interni, soprattutto quando è a rischio la sicurezza alimentare, nel caso qualcosa vada storto. Era per questo – oltre che per difendere i propri interessi di grande produttore ed esportatore agricolo, che l’India aveva puntato i piedi chiedendo di approvare in quella stessa data, e non il 31 dicembre come previsto a Bali, un pacchetto di misure che le permettessero in via permanente altrettanto facilmente di pagare sussidi per produrre e stoccare cibo per i più poveri, quando in patria cominciasse a scarseggiare.
Finita l’euforia della vacanza esotica, quando i negoziatori sono tornati al quartier generale della Wto, sulle ordinarie sponde del lago di Ginevra, gli Stati Uniti insieme ai grandi esportatori – Europa compresa – hanno fatto la voce grossa, cercando di chiudere le facilitazioni al commercio senza nulla concedere nel negoziato agricolo. L’India e i Paesi più poveri schierati insieme a lei sono stati minacciati di venire indicati come i responsabili unici del mancato rilancio della Wto sbandierato a Bali e dello sprofondare dell’organizzazione nella vecchia crisi di credibilità in cui versa dai tempi del fallimento della ministeriale di Seattle, cioè da ben quindici anni.
WTO-Stop-the-WTO-protest